Olivagno, Eleagno o volendo essere fini dicitori, Eleagnus.
Qualunque sia il modo in cui lo si vuole indicare, quando un giardiniere o un privato usa uno dei questi termini, solitamente si riferisce sempre alla medesima pianta, quella nella foto sopra, ovvero il più famoso membro della famiglia delle Elaeagnaceae.
Per botanici e accademici però, i termini Eleagno ed Eleagnus sono forse un po’ troppo vaghi, essi raggruppano formalmente un intero genere di piante, piuttosto vasto, provenienti da Europa Meridionale, Asia centrale e Cina.
Diciamolo quindi chiaramente. La pianta di cui scriveremo sotto (e di cui si vedono le foto sopra) si chiama Eleagnus x ebbingei ed è un ibrido commerciale di E.macrophylla ed E.pungens.
L’incrocio, come si vede, produce una bella pianta, caratterizzata da portamento eretto e compatto, dal carattere cespuglioso, con foglie ovali, alterne, gentilmente ondulate e dal colore caratteristico: verde, sulla pagina superiore e argenteo, sulla pagina inferiore, costellato di lentiggini brune.
Si tratta di un ibrido decisamente riuscito, amato dal mercato e ben valorizzato dalla produzione pistoiese, che ha certamente contribuito a rendere l’eleagno una pianta da siepe usata in tutta Italia, ma non solo, essendo essa ubiquitariamente sfruttata nell’intero bacino mediterraneo.
Passando ai dettagli, si può dire che l’ibrido ebbingei, come altri eleagni, ha fiori bianchi, penduli, simili a tubicini, che crescono in gruppi e che sbocciano da settembre a novembre. I frutti sono invece rossastri, commestibili secondo la letteratura agronomica, ma di scarso valore edule, per quanto invitanti in quanto simili ad olive nella forma.
I rami, sottili e flessibili, risultano all’aspetto talvolta tortuosi. Sono indicati in letteratura come spinosi, anche se è più consono, parlando ai non addetti ai lavori, precisare che sono solo “formalmente” spinosi, data la semplicità con cui la pianta si riesce a maneggiare anche senza guanti.
Beneficiando di vigore ibrido, l’olivagno cresce in tutti i tipi di terreni, anche in ambienti sabbiosi o calcarei, dove altre piante fanno fatica e resiste molto bene alla salsedine, quindi è una pianta adatta anche a giardinieri alle prime armi.
Per tutti questi motivi, l’eleagnus ha conosciuto e conosce un importante e diffuso uso come pianta da siepe.
La pianta ha inoltre la capacità, gradita ai giardinieri, di sopportare potature vigorose (anche totali!) e presenta modalità di accrescimento molto rapido, con una dimensione a maturità che si attesta in prossimità dei tre metri e cinquanta, molto comode da gestire. Talvolta, è bene dirlo, all’interno di una stessa siepe, si trovano esemplari molto vigorosi, ma possono essere comunque sempre contenuti con interventi di potatura.
Se il luogo d’impianto è isolato e le piante sono lasciate sviluppare in autonomia, la chioma raggiunge un diametro di due metri, un discreto cespuglio, che saprà dare riparo anche agli uccellini.
La temperatura minima sopportata, secondo diversi erbari italiani, è di -15 °C. Alcune fonti teutoniche però, riferiscono anche -20, ma non venendo raggiunte simili minime nella zona dove le produciamo, non ci azzardiamo a confermarle.